Albe’, i tuoi primi 100 anni

100 anni. Auguri, Albe’!

Mi prendo questa confidenza e ti parlo così, ma con profondo rispetto, come a uno di famiglia. Del resto nella mia vita ci sei da sempre. Quanti film ho visto? E chi li può contare! Tanti e tanti visti e rivisti.

Mi ricordo esattamente quando ho saputo che non c’eri più. Terribile. Tempestivamente uscì in edicola un cd con le tue più celebri canzoni, che corsi a comprare e quando ti sento cantare il tema di Fumo di Londra non riesco a non commuovermi.

Ho visto a teatro Vittorio Gassman in un omaggio estivo, ho visto Nino Manfredi al festival di Venezia, affascinante in uno smoking bianco. Ho visto Marcello Mastroianni affatto gentile in una conferenza stampa a Bologna, forse già segretamente malato e per questo rabbuiato e scontroso e dunque, contrariamente alla sua fama, per niente amabile. Ho visto Monica Vitti, democraticamente in fila con noi giornalisti in un’edizione della Mostra di Venezia. Carina, timidissima, stretta alla mano del marito (allora ancora compagno) come a un salvagente, ma a te t’ho incontrato e intervistato in conferenza stampa durante quella stessa Mostra, in cui con la Vitti ricevesti il Leone alla carriera.

Coppia amatissima, per me sempre lagata a un film che mai mi stanco di guardare: Io so che tu sai che io so, del 1982. Pellicola magnificamente scritta e ancor meglio interpretata.

Mi sono avvicinata a te e avevi lo stesso profumo di mio padre, la stessa eleganza classica e sobria. Vi passavate cinque anni, mio padre più giovane, voi di quella generazione sorprendente a cui ho dedicato un articolo, simili anche nella figura. Forse anche questo ti rendeva a me familiare.

Quando già non c’eri più, ho visitato la mostra che al Vittoriano ti hanno dedicato. Bellissima. Lì seppi di tutte le tue donazioni e lasciti, tu, generosissimo. Alla faccenda dell’avarizia non ho mai creduto, anche quando nessuno sapeva nulla di ciò che facevi: quella storia non quadrava con quello che già di te si sapeva e il tempo – galantuomo – ha messo a tacere il venticello della calunnia, che non ha risparmiato nemmeno la tua persona.

Il precetto “che la tua sinistra non sappia ciò che fa la tua destra” tu – religiosissimo – lo hai osservato alla lettera.  Straordinario artista e persona specchiata e umana: che connubio magnifico!

In quell’esposizione – non vista – non ho resistito e ho sfiorato il tuo costume di scena più noto ne Il Marchese del Grillo. Un gesto fugace, un tocco leggero pieno di rispetto per “sentirti”. La morte permette familiarità impensabili e concede il rapporto diretto, perché i nostri pensieri volano, e i nostri sentimenti con loro, verso chi non c’è più.

Altre volte l’ho scritto: ho verso alcuni artisti un affetto profondo fatto di riconoscenza e grande stima. Ho sempre seguito Alberto Sordi e ricordo una delle sue tante interviste, in cui era ormai anziano e con uno sguardo velato di malinconia, che andava ben oltre l’interlocutore, disse: «Noi attori non moriamo mai, perché viviamo per sempre nei nostri film». Avevi ragione e lo sapevi.

Buon compleanno, Albe’! Ti vedrò oggi. Non so ancora per quale film, ma ti vedrò sicuramente.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *