Ciao, Lucia Bosè, ci mancherai tanto!

Non era certo questa l’occasione che aspettavo per recensire Lucia Bosè. Una biografia. Invece sono qui a scriverne ed è il mio modo di salutare questa attrice indimenticabile.

Il bellissimo libro di Roberto Liberatori – già autore della magnifica biografia di Massimo Girotti – è un’opera estremamente ricca di notizie preziose eppure scorrevole.

Un libro non aneddotico né prolisso, che non perde il ritmo e non smarrisce mai il filo pur fra un’infinità di informazioni e ricordi, che l’autore ha ricostruito con precisione raccogliendo la testimonianza della Bosè e dalle ricerche scrupolosamente condotte.

Liberatori ha saputo rendere il racconto della sua vita assolutamente vivido e ce l’ha restituita esattamente con lo spirito con cui ha vissuto.

Oggi mi ritrovo dunque a scriverne, perché non è più con noi e la cosa mi sembra ancora irreale.

Il figlio Miguel ne ha annunciata la morte sui social questo pomeriggio.

Ci ha lasciati da un ospedale di Segovia, la città vicina a Brieva, il paesino di qualche decina di anime scelto tanti anni fa per vivere nell’assoluta tranquillità e in una solitudine serena.

Una piccola comunità in cui muoversi con la voglia di vivere di sempre, al di là di un’esistenza sicuramente straordinaria, ma tutt’altro che priva di grandi dolori.

Le avevo scritto della stima e del rispetto che sentivo per lei proprio poco tempo fa.

Era una donna che aveva molto da insegnare, una donna forte, di temperamento e con un equilibrio interiore notevole. Una donna cordiale e sorridente, con una semplicità nei modi che non doveva essere confusa con una semplicità di spirito.

L’avevo intervistata qualche settimana fa e ci eravamo lasciate con la promessa di ritrovarci a Roma insieme all’autore della sua magnifica biografia.

Roberto Liberatori e Lucia Bosè

L’avevo vista alla presentazione del libro in occasione della Festa del Cinema di Roma e l’avevo trovata straordinaria: gli anziani così vitali mi provocano un affetto e una grande stima, trovo che il loro modo di essere sia di per sé già una lezione di vita per noi, che affrontiamo questi tempi sempre con tanti timori e insicurezze.

Apparsa in un completo di raso bianco e con un incarnato chiarissimo, affatto preoccupata di celare i segni del tempo e della vita, sotto un trucco deciso aveva occhi vivacissimi e sfoggiava la sua ormai famosa chioma blu e blu erano lo smalto e il lungo spolverino.

Un’eccentricità gioiosa la sua. Niente in lei raccontava di nostalgie e vecchie glorie: era una donna con i piedi ben piantati nel mondo e nel tempo presente.

La sua verve travolgente aveva tenuta inchiodata l’intera platea.

Avevo provato ad avvicinarla per chiederle un’intervista, ma non avevo fatto in tempo a rivolgerle la parola che quello stesso pubblico le si era accalcato intorno. Sorridente con tutti e senza il minimo gesto di impazienza difronte a tante insistenze. Sono rimasta a guardarla rimandando ad un’altra occasione la nostra chiacchierata.

Non potendola io raggiungere a Brieva per ragioni familiari l’ho poi intervistata al telefono.

La mia felicità non ve la so dire, perché non è tanto l’aver conversato con quella che è stata una delle vere dive del nostro cinema o uno dei volti più noti di tanta storia del cinema italiano, ma averlo fatto con una bella persona, gentile, solare, di spirito e molto disponibile.

L’intervista riguardava una ricerca per un libro quindi non ne parlerò qui, ma l’esperienza è qualcosa che mi rimarrà nel cuore a prescindere dal mio lavoro.

Quando si ama il cinema come lo amo io, quando si sono dedicati anni a studiarne la storia, sapendo che mai si potrà dire di aver terminato, avvicinare chi conosciamo da sempre attraverso uno schermo e trovarla una persona bella è qualcosa che riempie il cuore di gioia, perché è come sapere che tutte quelle ore trascorse “insieme” in preda a una passione grande, quale può essere quella per il cinema, acquitano un valore anche umano.

Diventano davvero ore ben spese. Si sente che quell’affetto inevitabile, che spinge l’appassionato studioso verso quel determinato artista, ha come un senso pieno. Una ragion d’essere umana.

Leggerete in questi giorni di questa donna speciale molte cose, probabilmente ricorrenti e sicuramente non mancheranno gli immancabili luoghi comuni e le inesattezze, io perciò vi invito a leggere questo magnifico libro, perché la troverete lì fra le sue pagine e la conoscerete così come lei si è mostrata, senza infingimenti né manierismi.

Una donna particolarissima Lucia Bosè, con un candore infantile, nel senso aulico del termine, lei che aveva investito una fortuna nel suo museo dedicato agli angeli, poi chiuso, perché gli Spagnoli non lo hanno capito, perché legano gli angeli alla religione, mentre in Italia non è così.

Sfoggiava le sue “spettinature” blu con la vivacità di chi aveva conservato in sé la propria ribelle giovinezza.

Diva suo malgrado, dichiarava di aver dato al cinema solo il 50%, perché il cinema non era mai stato tutto.

Si definiva felice e lo diceva col sorriso e la luce negli occhi, eppure di prove dure nella vita ne aveva avute più d’una.

Lucia Bosè era talmente a proprio agio nella propria esistenza da non temere né la vecchiaia né la morte.

Era dunque impossibe non amare una donna così, perché col solo incontrarla ne ricevevi un’involontaria e perentoria lezione: vivi fino in fondo, vivi con coraggio, perché la vita – nonostante tutto – è bella.

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