Giovanna Minelle, una fotografa e il suo viaggio in solitaria (10)

Giovanna Minelle ha nel suo zaino anche progetti di lavoro, ma perfino in questa nuova città non smette mai di essere una viaggiatrice.

In verità io credo che si possa essere turisti il tempo di un viaggio, ma non si possa dire lo stesso se si è viaggiatori.

Mi spiego: la viaggiatrice/il viaggiatore non è tale perché si trova in un posto nuovo, scelto come meta. Lo è a prescindere: è un fatto mentale, di attitudine.

Lo si deve a quella particolare curiosità verso ciò che non si conosce e che si vuole “attraversare” facendone esperienza e sentendosene parte, perché non si conepisce un’altra forma per soddisfarla e conoscere ciò che si desidera visitare.

Il viaggiatore è tale anche a prescindere dalle modalità del viaggio, così come il turista.

Tutti possiamo essere turisti, ma non tutti viaggiatori e questo indipendentemente dai chilometri percorsi, dal numero di Paesi visitati e dal budget impiegato.

Una volta divenuti viaggiatori poi, non si potrà mai più essere solo turisti, perché l’essere viaggiatori diventa uno stato che resta in quiescenza quando non può esprimersi, ma che riemerge ogni qual volta è possibile, fosse anche per un tempo breve.

Coimbatore
Questa città è la mia meta lavorativa. Trovo un hotel per businessman e mi organizzo gli appuntamenti di lavoro, tutti fuori città.

Incontrerò alcune aziende tessili che hanno scelto di essere differenti, producendo filati biologici nel rispetto dell’ambiente e di chi vi lavora.

Sono ansiosa di incontrare due care persone – marito e moglie – che hanno fondato Appachi Cotton. Parte della loro biografia è narrata nel film documentario L’altra faccia del cotone, proiettato anche in Italia nei piu importanti appuntamenti fieristici del settore.

Nutro nei loro confronti una stima sincera e ben riposta, perché sono la testimonianza vivente del fatto che un modo di lavorare diverso è possibile. Sono la risposta alla mia etica del lavoro e ai miei principi. Mi aggrego così a un gruppo multietnico di donne d’affari americane.

I titolari della ditta hanno organizzato un tour fra i coltivatori di cotone (peccato che le piantagioni siano spoglie), un workshop sulla produzione di fertilizzanti bio (banane ed escrementi delle mucche sacre) e la visita alle tessiture.

Sono felice di constatare che le persone che lavorano in o per questa grande azienda, tutte – dai fondatori ai coltivatori – corrispondono all’idea che mi ero fatta durante i nostri scambi di e-mail, telefonate e messaggi.

Coimbatore è una città fuori dalle rotte turistiche, frequentata solo da uomini d’affari. Io però la esploro con la curiosità mia solita, ormai da viaggiatrice e una sera mi ritrovo davanti ad una cattedrale, in cui i fedeli in saree e kurta assistono alla messa ormai quasi terminata.

Nelle ore libere dal lavoro, visito i mercati e le stazioni di treni e autobus. L’affronto dunque come tutte le città in cui sono stata e la percorro con ogni mezzo, specialmente a piedi e di sera, sentendomi sempre a mio agio.

Un giorno salgo sul treno per Tiripur e qui conosco due ragazzi: uno gestisce con la famiglia una fabbrica di abbigliamento griffato, l’altro è a zonzo, forse alla ricerca di nuove emozioni. Proprio quest’ultimo mi chiede di potermi accompagnare a visitare Assisi Garments, il fornitore di People Tree, un noto marchio mondiale di abbigliamento.

Quando la visita si conclude, ci incamminiamo per la stazione dei bus. Attraversiamo campi incolti, la strada è deserta. Mi rendo subito conto che vedere passare un taxi sarà come vedere un miraggio. Propongo allora al mio compagno di viaggio di fare l’autostop. 

È l’una, il sole picchia sulle nostre teste, siamo senza cappello e senz’acqua e non vediamo bar in cui poterla comprare. La prima auto che passa ci raccoglie. Due uomini: uno è il titolare di una fabbrica tessile, l’altro il suo autista. Accettiamo l’invito a visitare l’azienda e con l’occasione scrocchiamo anche delle buone polpette piccati e deliziose spremute di frutta fresca.

Il mio tempo a Coimbatore giunge però al termine.

Putthaparti – l’ashram di Sai Baba – sarà la mia prossima meta, non programmata ma sopraggiunta dopo aver conosciuto ad Amritapuri Rita, una viaggiatrice di mezza età con la quale ho condiviso molti bellissimi momenti. Una nuova amica sul mio cammino. (Continua)

Le foto sono state gentilmente concesse dalla Signora Giovanna Minelle, che ne conserva tutti i diritti. Pertanto ne è vietata ogni riproduzione o uso.

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