Giovanna Minelle, una fotografa e il suo viaggio in solitaria (4)

Con la promessa di ritornare in primavera, Giovanna Minelle lascia Varanasi diretta a Kanyakumari. La prima tappa intermedia la fa in una città che conosco bene, famosa tra l’altro per il sapone al sandalo, produzione iniziata al tempo di qualche antenato dell’attuale Maharaja¹ di Mysore, Yaduveer Krishnadatta Chamaraja Wadiyar, che in questa città conserva uno dei palazzi più noti e visitati di tutto il Paese, quel sontuoso Mysore Palace amatissimo dagli stessi Indiani, ancora oggi sede ufficiale della dinastia.

Mysore

Lego il ricordo di questa città allo stupore di fronte alla magnificenza del Mysore Palace e alla vitalità del Devarajia Market.

Il mercato mi incanta non meno del palazzo, anche se in modo diverso ovviamente. Fra i colori sgargianti, i profumi, le piramidi di frutta e i coni di spezie mi sento ugualemente in mezzo alla bellezza e penso che l’arte sia, in forme diverse, ovunque a Mysore.

Arrivo in questa città dello Stato del Karnataka stanca e ammalata a causa del lungo viaggio in treno. Cerco dunque subito un alloggio e, non trovando altro per il grande afflusso di turisti, di malavoglia mi fermo in un ostello.

Qui mi ritrovo a condividere la camerata e i bagni con almeno una decina di ragazze, ma è pulito, essenziale e accogliente.

Sono grata a questa città anche per avermi dato l’opportunità di superare il pregiudizio della condivisione forzata.

Per raggiungere i servizi devo attraversare un’ampia terrazza, quando lo faccio di notte evito di pensare se in quel buio ci possano essere creaturine varie e cammino con passo spedito.

In India non in tutti i bagni ho trovato la doccia, più spesso solo un secchio e con le secchiate ho imparato a lavarmi. Dopo lo sconcerto iniziale, ho cominciato a trovarlo persino divertente.

L’ostello chiude alle 22 e per me non è un problema, la luce si spegne alle 23 e pochi minuti dopo una voce femminile in filodiffusione intima il silenzio.

Reduce da un viaggio in treno di tre giorni, confortata da una doccia con acqua bollente, quasi svengo sul letto.

Mi sveglio con 39 di febbre, è il 30 dicembre.

Mi isolo da tutto, prendo atto solo che le mie compagne di stanza sono tutte ballerine di danza classica indiana e resto a letto.

Il giorno dopo mi alzo per la fame. Esco  a comprare banane e melagrane e ritorno a letto, stanca come avessi corso la maratona di New York.

A mezzanotte mi sveglio ancora con la febbre: 38 gradi. Le mie compagne di stanza però mi fanno alzare: devo ballare con loro su alcune delle tante musiche per cui Bollywood è nota.

Non riesco a sottrermi a questo ballo propriziatorio per l’anno nuovo ormai arrivato. Mi lascio andare e comincio piano piano a sentirmi come un fiore in procinto di sbocciare e, in cuor mio, l’anno nuovo mi trova così.

In città mi muovo con gli autobus.

Sono sempre affollati, ma non mancano donne che si stringono e con un sorriso mi fanno posto. Penso subito che questo in Italia sarebbe impensabile: posto occupato. Punto.

Dovevano essere tre i giorni  a Mysore, ma alla fine sono diventati otto.

Lascio la città con una certa nostalgia e proseguo per Madurai.  (Continua)

¹ Da quando Indira Gandhi nel 1971 proclamò l’abolizione dei privilegi, alla nobiltà indiana sono rimasti solo i titoli e le tradizioni, che difende con orgoglio. Oggi numerosi palazzi sono luoghi turistici o più spesso alberghi, i cui introiti permettono ai proprietari di conservare parte degli agi favolosi a cui la storia li aveva abituati.

Le foto sono state gentilmente concesse dalla Signora Giovanna Minelle, che ne conserva tutti i diritti. Pertanto ne è vietata ogni riproduzione o uso.

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