I quarant’anni di Sandokan

I quarant'anni di Sandokan

Chi di noi non ha un beniamino?! Il mio risale all’infanzia, quando ancora non c’erano le fiction, ma gli sceneggiati, la televisione era pubblica e la RAI non aveva problemi di audience né di fasce protette. Piccolina guardai, come milioni di altri Italiani, Sandokan. Alla prima puntata ero già cotta di quel ragazzone con gli occhi color del tè. L’unico divo per cui abbia mai comprato una rivista semplicemente perché era in copertina. Averlo poi visto al cinema nei panni de Il Corsaro Nero fu la conferma che Kabir Bedi era davvero il mio beniamino.

La cotta non mi è mai passata, perché tutto ciò che sa d’infanzia ha una dolcezza che il tempo accresce. Con gli anni l’ho incrociato qua e là in qualche produzione televisiva, senza rincorrerlo, perché non ho esattamente l’ossessione tipica della fan, però confesso che mi sono vista un’intera edizione de L’isola dei famosi, pur di seguirlo, per conoscerlo meglio come uomo.

La mia tentazione è sempre quella di scoprire se l’artista che amo corrisponde ad una bella persona. Be’, la conferma l’ho avuta incontrandolo per due giorni in quel magnifico festival che si è tenuto a Firenze sul cinema indiano dal 3 all’8 dicembre scorso, il River to River. La sedicesima edizione ha avuto proprio Kabir Bedi come ospite d’onore, grazie al quarantennale del famosissimo sceneggiato, che ne ha fatto una star mondiale. In questa occasione ha ricevuto le chiavi della città e il premio Emilio Salgari, ma ci sono state anche conferenza stampa e interviste, vari bagni di folla e innumerevoli selfie, che avrebbero messo a dura prova la pazienza di chiunque, ma non la sua.

Con i suoi 71 anni Kabir Bedi resta un uomo affascinante, dritto come un fuso, elegante nel portamento. Ha i modi di un gentiluomo e la pacatezza di chi deve aver fatto un proprio cammino interiore. Inglese da parte di madre e indiano da parte di padre, sembra essere una magnifica sintesi di questi due mondi.

Alla sua presenza si è dato inizio alla programmazione delle sei puntate dello sceneggiato, superfluo dire che alla prima apparizione di Sandokan è partito uno scrosciante applauso, mentre la sigla in sala l’abbiamo cantata più o meno tutti.

Seduto tre poltrone più in là nella mia stessa fila, ogni tanto allungavo l’occhio e mi dicevo: “Sto guardando Sandokan con Sandokan!!!”

Non avevo ancora avuto modo di parlarci e non vedevo l’ora di potergli chiedere e dire alcune cose. Fortunatamente, quando l’ho poi salutato prima della sua partenza, non mi è rimasta in gola nessuna parola: odio i rimpianti, anche quelli di questa natura.

Dello sceneggiato va detto che fu un magnifico prodotto televisivo per quei tempi: cinque mesi di riprese per sei puntate. Personaggi e altrettante interpretazioni che nessuno può dimenticare, con una stella fra tutti: il grande Adolfo Celi, magnifico attore.

Quando Sergio Sollima, scomparso lo scorso anno, pensò al protagonista, lo volle da subito orientale e programmò un tour in dieci città per provinare gli attori del posto: la prima città fu Bombay, oggi Mumbai, e il primo attore Kabir Badi. Piacque subito, ma solo quando furono terminati tutti i provini in programma fu chiamato a Roma per essere sottoposto ad una serie di prove per varie abilità.

La tenerezza e la gratitudine dell’attore verso Sollima, sono state una costante delle sue interviste, ogni tanto arricchite da aneddoti e rilasciate sempre con molta umiltà. Ecco una parola che raramente si può usare nel descrivere un attore e che ne decreta lo spessore umano. Con gli anni ho imparato che è inversamente proporzionale alla pochezza della persona.

Interessante sapere che questo sceneggiato è stato venduto in ogni angolo del mondo, eccetto che….. in Inghilterra.

Oggi resta sempre un buon suggerimento come regalo per ragazzi e per nostalgici.

E’ possibile trovarlo in dvd, blu-ray e cofanetto con libro.

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One thought on “I quarant’anni di Sandokan

  1. Ma certo come non ricordare sandokan anche se il mio preferito di allora era Janez, interpretato da Philip Leroy.

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