Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Francesca Bertini

Non si può parlare del cinema muto – non solo italiano – senza parlare di Francesca Bertini.

Primo vero esempio italiano di self made woman, la Bertini dichiarò di aver girato 100 pellicole in 10 anni.

Questo non posso confermarlo, ma posso con certezza affermare che una ragazzetta di nome Elena Saracini Vitiello comiciò presto a calcare le scene nella compagnia di Eduardo Scarpetta per poi cambiare nome e trasformarsi nella diva italiana del cinema muto più pagata in assoluto.

Con una volontà di ferro da stabile scritturata della Film d’Arte Italiana nel 1910, lasciò il cinema nel 1921 per sposare il banchiere svizzero Alfred Cartier essendo divenuta sceneggiatrice, regista, prodruttrice e interprete dei propri film.

Come lei stessa ebbe modo di spiegare, con disciplina e impegno costruì il proprio mito, sapendo circondarsi di bellezza e mistero, ponendo quella distanza necessaria per essere irragiungibile e quindi ammirata.

Nel documentario La donna che inventò la diva (di Maria Grazia Giovanelli, 1968), presentato alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, più di ciò che dice colpisce l’attegiamento della Bertini: con piglio deciso si mostra sempre pronta a dirigere se stessa e la troupe che la riprende e sempre pronta a suggerire il testo all’intervistatrice, che – come su un set di Jerry Lewis – svela i segreti del mestiere nel momento stesso in cui lo svolge.

E così, come una cinepresa che si alza troppo sopra il set rivelandone la finzione, la Giovanelli non ferma il girato né lo taglia nel montaggio, svelando ogni azione e finzione della Bertini.

Con un involontario cinismo precipita la diva fra i mortali e nello stesso tempo ce la racconta come nessun altro è riuscito.

Alla Bertini la rassegna friulana ha dedicato la proiezione di Assunta Spina (di Gustavo Serena e della stessa Bertini, 1915) – la sua interpretazione più acclamata – con un magnifico accompagnamento musicale fatto di chitarra e mandolino.

La pellicola, conosciuta all’estero anche come Sangue napoletano, è la trasposizione dell’omonima opera teatrale di Salvatore di Giacomo.

Un nuovo riadattamento lo farà nel 1948 Mario Mattoli, dando ad Anna Magnani il ruolo che fu della Bertini e affiancanole come coprotagonista Eduaro De Filippo, ma devo dire che delle due la prima trasposizione resta la migliore, nonostante i grandissimi attori scelti.

Come anticipato nell’articolo precedente su Lyda Borelli, durante la rassegna pordenonese, è stato presentato il cofanetto Dive!, edito dalla Cineteca di Bologna, che dedica a queste due indimenticabili attrici due film ciascuna e un libretto di saggi a corredo.

Per ciò che riguarda la Bertini, accanto proprio ad Assunta Spina, è stato scelto Sangue blu (di Nino Oxilia, 1914), uno dei suoi più grandi successi.

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