Quando il corpo dice stop

Quando il corpo dice stop, è tempo di riposo e a nulla vale rammentargli impegni.

Sabato: albergo prenotato, amici avvisati, appuntamenti fissati. Mancano la valigia e il biglietto del treno, che mi ostino a non fare on line. Incredibile fortuità: tre giorni magnificamente organizzati: proiezioni, inaugurazione di una mostra, incontri.

Domenica: sono stanca. Ultimamente lo sono sempre più spesso, penso «una buona sauna mi rilasserà», ma già sento che qualcosa non va: fatta la doccia, per la prima volta in vita mia mi risiedo in sauna per lasciarmi avvolgere da quel calore per qualche istante. Esco. Come al solito preferisco le scale all’ascensore, ma su quelle rampe sento caldo, un caldo strano e poi il sudore gelarsi addosso.

Passo il resto della domenica avvolta in un plaid sul divano. La notte trascorre male.

Per esperienza so che non è influenza, ma stanchezza: le volte che in vita mia ho avuto la febbre sono poche e delle scale in accappatoio sono un po’ pochino per mettermi a letto.

La verità è che da mesi tiro la corda e ora il mio corpo ha detto stop: «se non ti fermi tu, ti fermo io!».

Lunedì: faccio finta di non sentirlo e lascio che la sveglia mi ricordi che sono le sei e che ho un treno per Roma da prendere. Non passa mezz’ora e capisco che quel treno non lo prenderò più.

Vorrei arrabbiarmi, ma poi penso che alle volte bisogna cedere e fermarsi. Metto un pile sul mio lato e torno a letto. Sento i brividi. Finalmente riesco a prendere sonno. Mi sveglio con la telefonata di mia madre che vuol sapere come sto e se riesco a partire.

Mio marito si alza e mi conforta: non è il caso che io parta, meglio riposare. Ok, riposerò. Mi fermerò dopo mesi e farò finta di non avere né orologi né agenda. Mi dimenticherò di ogni cosa per qualche giorno.

Però non sono il tipo che sa perdere tempo e soprattutto non so poltrire a letto. Che fare? Sento la febbre salire, scendere e risalire, troppo intontita per scrivere o per leggere, non mi resta che la felicità di sempre: il cinema.

Faccio una doccia calda e scivolo in abiti comodi a prova di Jakie. Una colazione piccina contrariamente al solito e una grande tazza fumante di un’infallibile tisana di zenzero e limone per trovare ristoro.

La porto con me mentre su YouTube scelgo i vecchi film che vedrò e mi accoccolo fra i cuscini. La Jakie cerca il suo posto accanto a me e si addormenta. Che pace! Non sento nemmeno il rumore della pioggia: troppo leggera.

Mercoledì: questa strana convalescenza continua.

Capisco che ho la mania del “devo” e sono poco incline al “non posso”. Non penso che questo riposo forzato cambierà la mia natura, ma ho deciso di goderne ogni attimo e di lasciare il mondo fuori il tempo necessario.

Lo ritroverò lì ad aspettarmi con nuovi impegni e nuovi progetti. In fondo ognuno è come è, l’importante è non rammaricarsi, perché ciò che non può essere non è perduto.

Perduto è ciò che poteva essere e non è stato.

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