Un matrimonio elegante. Lo sposo

Non ovunque maggio è il mese dei matrimoni quindi giugno mi sembra più appropriato per aprire questo complesso capitolo. Volendo parlare delle buone regole per una cerimonia ben riuscita inizierò dallo sposo.

Premesso che per molti questo è il giorno delle stravaganze quando non degli eccessi, devo dire che vedo molta confusione intorno anche fra coloro che vorrebbero organizzare un matrimonio elegante e questo perché in televisione si vedono troppi maestri senza cattedra, che addirittura finiscono per scrivere libri in cui ribadire le sciocchezze che già ci propinano in improbabili programmi. Del resto oggi la comunicazione è tutto e sorgono esperti che per primi avrebbero bisogno di consigli.

Partirò dall’abito che lo sposo proprio non deve indossare: lo smoking. Lasciate perdere gli innumerevoli matrimoni di Brooke e Ridge o di altri protagonisti di soap opera, questo abito è assolutamente fuori luogo a un matrimonio. Detto dinner jacket non a caso, è l’abito da sera per le occasioni formali, che con gli anni ha soppiantato il frac per la disinvoltura maggiore nell’indossarlo e aggiungerei per i costi più contenuti, ma è poi tutto relativo.

Posto che i futuri sposi concorderanno il tenore della cerimonia, l’abito dello sposo sarà inevitabilmente in concerto con quello della sposa e l’ora delle nozze completerà le indicazioni a cui lo sposo dovrà attenersi nella scelta del proprio abito. In realtà non ha che tre possibilità, se vogliamo escludere il frac per la sera, troppo impegnativo: il tight, il mezzo tight e l’abito scuro.

Se la sposa avrà un abito sontuoso con metri di strascico e di velo, al futuro marito non resterà che il tight, ma non è abito da poco, perché tale scelta implica che i rispettivi padri, fratelli e testimoni lo indossino. Parliamo però rigorosamente di una cerimonia al mattino, perché questo abito è anche detto morning coat non a caso. Si tratta di un abito dal costo importante con dettami ben precisi, che in Italia sono ancora più imperativi che in Inghilterra.

Per gentile concessione della Sartoria Orefice Cernobbio, che ne conserva tutti i diritti.

Il tight prevede una giacca a code arrotondate che arrivino a inizio polpaccio in grigio scuro, da preferire al nero. La giacca attillata è a un bottone e accompagna pantaloni affusolati senza risvolto più chiari, normalmente a righine, privi di passanti, perché sono d’obbligo le candide bretelle. Il gilet, che va dal più classico grigio perla al burro, dovrà coprire il punto vita del pantalone e completerà l’abito. La camicia sarà bianca con colletto italiano e cravatta oppure con collo con punte ad aletta (wing tip) e plastron fermato da una spilla, cravatta e plastron che devono comunque essere sempre in seta e di colore chiaro e a tono. Le scarpe saranno lisce senza impunture e stringate, mentre le calze, ovviamente lunghe, saranno ugualmente nere in seta o in filo di Scozia. Gli unici gioielli da indossare potranno essere un orologio elegante e discreto e i gemelli, che chiuderanno i doppi polsini della camicia, polsini che spunteranno dalla manica dell’abito di due buoni centimetri. Lasciate perdere la catena in vista dell’orologio da taschino e consideriamola un vezzo del Principe Carlo, che accompagna ogni suo gilet e che ha fatto capolino anche il giorno delle sue nozze con Camilla. Il gilet del tight sarà a un petto a 5/6 bottoni o a doppio petto con due file da 3 bottoni ciascuna e potrà anche essere sciallato. Un fiore bianco adornerà il bavero della giacca.

Il tight si completava sempre con un cilindro chiaro o scuro, mentre quello nero – secondo il ferreo codice d’abbigliamento di Ascot – si riserva ancora oggi per questo appuntamento, più mondano che sportivo. Immancabili a questo punto anche i guanti in morbidissimo camoscio grigio perla. Scomparso per primo il bastone (ebbene sì, c’era anche quello!), questi due accessori in anni più recenti hanno subito la stessa sorte, tanto più che il cappello non va indossato che all’arrivo e subito tolto, risultando un fastidioso intralcio per chi non ha disinvoltura in un simile abbigliamento. So che come me ricorderete alcuni vip con il cilindro in testa all’uscita dalla chiesa, ma è bene che non li prendiate ad esempio.

Dicevo che in Inghilterra il tight anzi il morning coat, visto che trovano orribile il nome che noi gli abbiamo dato preferendogli il termine americano cutaway, ha maggiori declinazioni. Innanzitutto la versione all-gray, una volta appannaggio di coloro che potevano accedere al Royal Enclosure ovvero la famiglia reale, loro consanguinei e ospiti ad Ascot e al Derby Day a Epsom, oggi è considerata invece la versione estiva dell’abito. Infatti ne ha indossato uno il Principe Carlo alle nozze del fratello Eduardo e, più recentemente, Pierre Casiraghi alla propria cerimonia religiosa, abito che ha poi sostituito con un impeccabile frac per il ricevimento serale. Altre varianti sono date dai gilet nei più vari colori pastello, sempre più spesso accompagnate dalla più british delle camicie: quella colorata con colletto e polsini bianchi, fino alle calze dai colori a volte francamente bizarri in accordo non so più con cosa e alla cravatta rossa di James Matthews, novello sposo di Pippa Middleton.

Il mezzo tight invece non è che la versione senza code e senza accessori del tight e non prevede l’obbligo del medesimo abito per familiari e testimoni.

In quanto all’abito scuro io credo che possa essere la giusta scelta per un matrimonio elegante e accompagnerà magnificamente ogni sposa che indosserà un abito anche importante nella realizzazione, ma non eccessivo nel risultato. Sarà una soluzione perfetta per qualunque ora vi sposiate. Sarà a un solo petto con gilet nei toni del grigio scuro, in un fresco di lana a tinta unita o in un gessato molto discreto o in un rigatino, ma sempre di buon taglio e fattura. Per il matrimonio di sera si è soliti considerare i toni del blu scuro, eventualmente anche a doppio petto. Quattro sono le costanti per l’abito scuro: scarpe nere stringate e lisce senza impunture; calze lunghe in filo di Scozia, che nel caso dell’abito grigio saranno nere e in quelle dell’abito blu saranno blu notte o blu inchiostro; cravatta in seta chiara a tinta unita o a piccoli motivi non stampati, ma tessuti; camicia candida con un collo italiano più che francese e possibilmente con i polsini da gemelli. Varierà però la lunghezza di questo polsino, che sporgerà nella classica misura di poco più di un centimetro. Come per il tight e il mezzo tight, gli unici gioielli saranno appunto i gemelli (in oro, argento o di bigiotteria moderna, smaltati o in madreperla, con iniziali o un piccolo diamante, ma niente pietre – vere o false – colorate) e un orologio, anche in questo caso elegante e discreto. Se la cerimonia sarà civile a maggior ragione l’abito scuro sarà appropriato. Se la sposa sceglierà un abito corto e semplice, l’abito scuro non necessiterà di gilet. Resteranno valide però tutte le altre regole, dalle calze alla camicia alle scarpe.

Queste appunto le regole, ma sono certa che molti signori preferiranno un abito senza gilet, nonostante la sposa sceglierà il lungo, alla sola idea di affrontare un matrimonio in piena estate. Posso capirlo. In verità meglio scegliere un abito in cui sentirsi a proprio agio che trascorrere il resto della festa in maniche di camicia! In fondo derogare può essere una scelta se il risultato sarà una festa senza disagi.

L’eleganza è proprio questo: muoversi a proprio agio senza creare imbarazzi intorno a noi.

E’ fondamentale che i futuri sposi facciano scelte concordate, perché tutto concorra a creare quell’armonia magica di un giorno così speciale.

L’importante è dunque vestirsi e non travestirsi, essere se stessi anche in quel giorno, perché è una festa e non una rappresentazione e – per chi crede – un sacramento per la vita.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *