Valeria Valeri, una grande attrice

Valeria Valeri, una grande attrice | Aida Mele MagazineSe l’11 giugno Valeria Valeri non ci avesse lasciati, ieri 8 dicembre avrebbe compiuto 98 anni.

In barba a una carriera lunghissima la Valeri non ha avuto una grande popolarità presso il vasto pubblico, eppure sono in pochi a non averla mai “incontrata”.

Solo dodici i film a cui ha partecipato, ma fra questi l’intenso Le stagioni del nostro amore (1965) di Florestano Vancini e il più conosciuto Io e Caterina (1980) di e con Alberto Sordi.

Nemmeno la sua carriera televisiva è stata ricca di titoli anche se è giunta fino agli anni recenti, ma a questa deve la notorietà presso un più vasto pubblico.

Due di questi titoli però sono ormai di culto e fanno parte della storia della RAI anche se con pesi differenti: Il Giornalino di Gian Burrasca (1964), capolavoro di Lina Wertmüller, in cui interpretava la madre di una giovanissima Rita Pavone, e la serie La Famiglia Benvenuti (1968-1970) di Alfredo Giannetti.

La prima stagione di questo sceneggiato in bianco e nero fu un tale successo che ebbe un seguito a colori, anche se i telespettatori di allora non ebbero modo di verificarlo, visto che le trasmissioni a colori iniziarono ufficialmente il 1° febbraio 1977.

In realtà nemmeno la sua voce è sconosciuta ai più, perché – da grande attrice qual era – Valeria Valeri fu una straordinaria doppiatrice e per un’intera carriera.

Doppiò molte attrici straniere e alcune italiane (ebbene sì!),  ma anche personaggi in successi televisivi come Capitol e Beautiful.

Solo però chi ebbe la fortuna di poterla vedere a teatro, in una carriera che iniziò nel 1948 e terminò a pochi anni dalla sua scomparsa, potè dire fino a che punto fosse brava.

Nell’ambiente si accorsero subito del suo straordinario talento tant’è che il grande Gino Cervi la chiamò nel 1950 per una sostituzione, dandole una parte per un debutto da lì a due giorni! E fu un successo di pubblico e critica per questa giovane attrice, che affiancava colleghi già di grande mestiere come lo stesso Cervi e la grande Andreina Pagnani, oggi – lei sì! – quasi sconosciuta.

Che l’essersi dedicata al teatro piuttosto che al cinema – capace di eternare nomi  e volti – fosse stato penalizzante lo aveva capito da sola.

Fu così che nel 2008, su un’agenda, Valeria Valeri iniziò a scrivere i propri pensieri e i propri ricordi.

Non esattamente un’autobiografia, ma rifelssioni, memorie, aneddoti perché di quegli anni di teatro non è rimasto niente (… solo) il ricordo nel cuore di chi c’era. Così scriveva in un delizioso libricino pubblicato da Minerva nel 2015 e che raccoglie gli scritti di quella vecchia agenda.

Scritti che interruppe e poi riprese in diversi momenti e in anni differenti, credo perché troppo impegnata a vivere.

Questo era innnanzitutto Valeria Valeri: una donna ricca di curiosità, energia e passione. Le memorie, così come le intendiamo, mal si confacevano a una donna tanto piena di vita come lei.

Scrisse e poi pubblicò senza fretta questo libricino che non credo sia mai stato al servizio di una vanità fine a se stessa, quanto piuttosto a un sincero bisogno di condivisione e nemmeno troppo profondo, perché racconta momenti o singoli episodi, non segue un andamento temporale o uno sviluppo logico né scende troppo nel dettaglio.

Lo stesso titolo – Mi pare di averci capito qualcosa – la dice lunga sull’autrice, che nemmeno verso gli ultimi anni aveva perduto la curiosità della scoperta e una saggia leggerezza nei confronti della vita.

Una lettura gradevole che ha molto da dire anche a chi non si occupa di spettacolo, perché in fondo ciò che vi si racconta non è tanto la vita quanto come questa vita sia stata vissuta.

 

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