
110 anni fa nasceva Anna Magnani.
Il mio primo incontro con Nannarella
Il primo ricordo che ho di lei è ne L’Onorevole Angelina, splendido film del 1947 di Luigi Zampa.
Ero una bambina e non potevo capirne la portata artistica, ma quella donna straordinaria, che vedevo nel televisore così come mi apparve allora, non l’ho mai dimenticata.
Il secondo film in cui la vidi fu quello per la tivù La sciantosa del 1971 per la regia di Alfredo Giannetti. La sequenza in cui canta davanti ai soldati è un’altra che mi è rimasta stampata nella memoria. Una drammaticità che mi diede una sorta di disagio tanto era tangibile.
Ancora una volta quel viso intenso, quella donna – che non sapevo ancora essere la grande Nannarella né l’attrice che più avrei amata – di certo si presentava come una figura che mi scuoteva, quasi mi turbava.
Appena crebbi tanto da sentire che senza cinema non potevo stare, Anna Magnani divenne fra i volti più cari dei miei momenti da telespettatrice, visto che purtroppo non c’era più modo di vederla al cinema.
La prima biografia letta fu la sua
Venne anche il tempo di leggere di lei e comprai di Patrizia Carrano La Magnani e a seguire Nannarella di Giancarlo Governi. Li divorai.
Mi colpì moltissimo conoscerne la vita e quando anni dopo lessi la biografia di Totò scritta dalla figlia Liliana li trovai anime simili. Personalità sfaccettate, erano portatori di una umanità ricca e complessa, figli di madri nubili entrambi, sentirono tutto il peso di ciò che questo comportava nell’Italietta di allora e la cui deflagrante portata oggi non possiamo comprendere. Ebbero storie diverse, ma con punti comuni molto forti.
Totò e Anna Magnani
Furono colleghi e si stimarono molto al di là delle parole fuorvianti e amare di Monicelli, che descrisse il diniego della Magnani a partecipare a un film con Totò in un modo che mal si combina con l’affetto e la stima che Nannarella ebbe sino all’ultimo nei confronti dell’artista e dell’uomo de Curtis.
Il fatto è che il Principe era tanto amato dal pubblico quanto avversato e vilipeso dai critici cinematografici e la Magnani, dopo l’Oscar, aveva difficoltà a ritrovare uno spazio nel cinema italiano, che – vuoi per soggezione o vuoi per meschinità – faticava a lasciarle, dunque la proposta di questo copione va contestualizzata. Se al teatro la coppia era sinonimo di successo certo, al botteghino non appariva negli stessi termini e la cosa deve aver ingenerato riserve in Nannarella, ma niente a che vedere con il tenore di quanto affermato dal regista.
Il film diretto da Monicelli non ebbe il successo sperato e forse i suoi ricordi sono stati confusi da un’inconscia giustificazione per il risultato mancato, ergo il film non riuscì, perché aveva ragione la Magnani a non volere Totò accanto. Fuorviante!
All’indomani della morte dell’attore, fra il fiume di parole di circostanza e di falso apprezzamento da parte di molti dell’ambiente – a cominciare dai critici, che dietro vigliacchi pseudonimi lo avevano spesso offeso, e da molti registi, che in vita lo avevano sempre snobbato – quelle di Anna Magnani, furono infatti fra le pochissime dichiarazioni più sincere venute dall’ambiente del cinema.
Risate di gioia, un film da non perdere
Compagni molte volte in teatro, divisero un solo set: Risate di gioia del 1960 proprio di Mario Monicelli. È un film che mi è molto caro, perché racconta molto dell’uomo de Curtis più che della maschera Totò, della sua umiltà e della grande stima che portava all’attrice, che definì “donna di cappa e spada”. L’unico a levare la voce quando Rossellini umiliò davanti al mondo intero Nannarella, preferendole la Bergman e “fuggendo” con lei vigliaccamente.
Era tale la considerazione che il Principe le portava da non sentire di esserne all’altezza davanti alla macchina da presa. Ma solo su un set, tanto la critica lo aveva sempre avversato e mortificato da scuoterne la sicurezza in se stesso. Cosa differente in teatro, dove avevano lavorato sempre con la consapevolezza di essere ad armi pari nel conquistarsi il pubblico, ciascuno con la propria arte e a colpi solo d’improvvisazione mai a colpi bassi.
Nel film Totò è sempre un passo indietro e non in senso fisico. Le dà la scena. Al di là del fatto che il Principe fosse notoriamente un comprimario gentiluomo e generoso.
In Risate di gioia Nannarella non ha bisogno di invadere il set con la propria esuberanza quando sono insieme, perché è Totò che glielo lascia tutto, ritagliandosi l’indispensabile.
Una biografia finalmente completa
Donna straordinaria, Anna Magnani fu una figura modernissima, stretta in stereotipi già in vita, ha sempre troppo poco spazio nei palinsesti televisivi.
In realtà se si indaga anche fra i suoi fan più tenaci si scopre che non è poi così conosciuta e non è raro vedere servizi a lei dedicati carichi dei soliti luoghi comuni e citazioni non del tutto vere, per altro.
Nel 2016 è uscita una straordinaria biografia dell’attrice, che ha spazzato via tutto il già detto, dandole nuove fondamenta. L’autore Matteo Persica nel suo Anna Magnani. Biografia di una donna ha compiuto un lungo lavoro di ricerca e ha finalmente messo ordine nella carriera e soprattutto nella biografia di questa magnifica donna, da molti definita difficile.
A coloro che la etichettano così io rispondo – una volta di più – con un altro grandissimo artista sottostimato e dimenticato nell’ambiente: Aldo Fabrizi, suo collega in Campo de’ fiori (di Mario Bonnard, 1943), L’ultima carrozzella (di Mario Mattoli, 1943) e Roma città aperta (di Roberto Rossellini, 1945), ma non un suo amico nella vita reale per forti divergenze caratteriali, che diceva sempre una grande verità: Chi ha carattere ha necessariamente un brutto carattere.
Aggiungo io: per coloro che non ne hanno affatto.