
Il libro che vi segnalo oggi è Solitudini urbane di Maria Evelina Buffa Nazzari e a leggere il suo nome per esteso non riesco a non notare come il suo stesso nome di autrice sia andato cambiando nel tempo.
È la sua quinta opera, se si escludono i due atti unici raccolti sotto il titolo di Altrove.
La mia è certo una mera constatazione, ma è interessante notare come l’autrice leghi ad ogni libro un aspetto di sé, cosa non comune negli autori, spesso piuttosto bidimensionali nell’idea che di loro ci creiamo.
Buffa e Nazzari
Già nota attrice, soprattutto teatrale, ha debuttato nella scrittura con una pubblicazione dedicata al celebre padre, Amedeo Buffa in arte Nazzari e firmandosi col proprio nome anagrafico di Evelina Buffa, privo anche dell’estensione oltre che di quello d’arte: era dunque a parlare solo la figlia del grande e amatissimo attore, viene da pensare.
Il secondo libro è stato il suo urlo di dolore dopo la morte dell’unico figlio, Leonardo: Dopo la fine, a firma Maria Evelina Buffa. Dunque lei in tutta la sua identità terrena, lontana dalle luci del palcoscenico.
La terza opera è stata Fratelli d’arte, scritta a quattro mani con Silvia Toso, figlia dell’attore Otello, e qui ha firmato come Evelina Nazzari, figlia d’arte appunto.
Il quarto libro è stato quello per cui l’ho conosciuta come scrittrice e di persona: Spesso sono arrivata seconda e per la prima volta è apparso il suo nome per esteso, abbracciando l’anagrafe e l’arte.
Dico questo a sottolineare che in ciò che scrive c’è lei, ovunque, anche in un libro come Solitudini urbane, che l’editore si è preoccupato di definire un’opera di fantasia.
Un viaggio dentro di sé
Certo voi potreste obiettare che ovviamente ogni autore è nelle proprie opere e in un certo senso è vero, se si intende che ciascuno lascia tracce del proprio sentire o del proprio vissuto, inteso come esperienza, ma non lo è se invece si considera che esistono autori che fanno della propria scrittura un viaggio dentro di sé, anche se raccontano storie e inventano trame.
Evelina appartiene a questi e non la immagino autrice di romanzi campati per aria, ambientati chissà dove, avvitati su storie improbabili.
Penna piacevolissima, anche in questa sua opera non si smentisce. Profonda, mai pedante, prolissa o compiaciuta della propria scrittura.
Solitudini urbane è nato durante la pandemia ed è una raccolta di brevi racconti. Un libro direi cinematografico, per quanto ben si presterebbe a essere sceneggiato.
Racconti autonomi, ma non del tutto slegati, perché tutti ambientati in un unico palazzo e tutti accumunati da… un buco nel pavimento. Una sorta di asola che accoglie il filo che tutto tiene insieme o la breccia in una realtà apparente ovvero scrivo per raccontare altro.
Un libro imperdibile. Come tutti i libri scritti da Evelina da me già recensiti, fra i quali purtroppo non figura Dopo la fine, perché introvabile, ma che ho avuto la fortuna di leggere e che vi consiglio di cercare su qualche piattaforma di libri di seconda mano o fuori catalogo.
Per le novità in libreria, invece, vi segnalo che la casa editrice Sabinae ha pubblicato il suo ultimo lavoro, Memorie a brandelli. Non l’ho ancora letto dunque lascio a voi soddisfare ogni curiosità nell’acquistarlo, interessante però che l’autrice usi nuovamente il solo nome d’arte.
Una e tutte
Certo, giustamente qualcuno potrebbe eccepire che Evelina sia l’attrice, la scrittrice, la mamma, la figlia, la donna, sia tutto questo insieme, ciononostante non riesco ugualmente a trovare casuale l’uso che dei suoi nomi fa quando scrive.
Se sui documenti è Maria Evelina Buffa e per il teatro è Evelina Nazzari, davanti ad un foglio bianco pare diventare ciò che forse in quel momento maggiormente sente di essere e questo mi riporta a quanto già detto: la scrittura per questa autrice è un viaggio dentro di sé, che inventi storie o che condivida memorie.
Quanto di suo da me finora letto, sempre mi ha riportata a lei.