Bernardo Bertolucci, non ti rimpiangerò

È morto Bernardo Bertolucci, me ne dispiace sinceramente per i suoi cari, ma mi fermo qui.

Non salirò sul carro delle infinite lodi che ora seguiranno, in cui si profonderanno anche coloro che non lo hanno amato o considerato.

Non sarò ipocrita e non dirò che è morto un maestro.

Primo perché di lui ho amato solo L’ultimo imperatore, e la sua morte non me ne farà amare l’intera filmografia, e secondo perché non sono mai più riuscita nemmeno a considerarlo umanamente da quando ho saputo della Schneider e di quella orribile storia, che ne ha marcato la vita.

Siccome bisogna sempre cercare di sentire le due versioni, ho cercato quella di Bertolucci e, purtroppo, l’ho trovata. Potete ascoltarla qui.

Non credevo alle mie orecchie. Dispiaciuto, ma non pentito! Freddo come un anatomopatologo di fronte a un cadavere.

La necessità dell’arte, della sua arte, di ciò che egli considerava arte, evidentemente sopra tutto.

Come donna mi sono sentita ferita e ho sentito una rabbia crescere di pari passo all’indifferenza che avvolgeva questa vicenda.

Mi rifiuto di dare spazio a chi ha pensato che una scena valesse più della dignità di una ragazza, perché la Schneider era allora giovanissima.

Mi rifiuto di rendere omaggio a un uomo per cui il proprio film valeva più della vita di quell’attrice, come alla fine è stato.

No, non sarò orgogliosa di questo regista, gli riconoscerò il merito di aver vinto un mare di Oscar con una pellicola bellissima, ma non altro.

Non dirò che era un maestro, perché i maestri fanno discepoli e hanno l’obbligo morale di essere dei buoni maestri.

Ne rispetterò la morte, perché essere umano, ma ne deplorerò sempre il fatto di non aver compreso che il proprio ruolo, la proria posizione gli davano la possibilità e la responsabilità di non essere quel veicolatore di una concezione di donna come strumento per un fine, quale invece purtroppo è stato.

Lui che si è sempre dichiarato con enfasi uomo di sinistra, è stato il più oscurantista.

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