Cento donne. Anna

Anna aprì gli occhi e vide che doveva essere ormai ora di alzarsi: la luce si infilava in ogni spazio libero. Il sogno appena fatto non le aveva lasciato una bella sensazione, ma cominciava già a non ricordarlo più e la cosa le stava bene. Si passò una mano sul volto come a scacciarlo definitivamente.

Era sabato, poteva fare con calma.

Cercò di raccogliere i pensieri, ma le riusciva sempre più difficile in quel periodo. Ma da quanto durava? Non se lo ricordava più. Da mesi era andata in confusione di fronte alla propria vita, che le si era parata davanti come non fosse sua.

Sempre presa a fare il proprio dovere, gli anni erano passati dimenticandosi di viverli o almeno di chiedersi come avrebbe voluto viverli.

Ora che non doveva più fare da madre ai suoi due fratelli, ora che finalmente avevano trovato la loro strada, ora che le piccole sicurezze economiche potevano farla stare più serena, non sapeva più come riempire le giornate: il lavoro e la casa erano tutto ciò che le restava da fare, ma il lavoro durava solo otto ore dal lunedì al venerdì e la casa era piccola, quindi del tempo che le rimaneva che ne poteva fare?

Quando a diciannove anni si ritrovò capofamiglia, desiderò spesso di averne, ma con gli anni imparò a non averne bisogno, del resto il suo carattere docile e sereno fu ciò che le permise di non crollare, ma ora che fare di quel tempo?

Da quando era rimasta sola si era ritrovata di fronte a se stessa e da allora vagava nella propria vita come un’estranea. Sapeva, da donna di giudizio quale era sempre stata, che non avrebbe potuto andare avanti così a lungo.

Si alzò con calma e si fermò quasi a raccogliere le forze: era sabato poteva essere il giorno giusto per capire cosa le restasse da fare.

Andò al piccolo scrittoio e prese dal cassetto un vecchio diario di quando aveva diciotto anni. Era l’unico che avesse mai scritto.

Decise di farsi una cioccolata, prese qualche biscotto e se ne tornò a letto per leggerlo. Pensò che forse la strada potesse essere quella di ritrovare la ragazzina che era stata prima che la vita la trasformasse, a tre giorni dalla maturità, in una donna adulta.

Lesse ogni riga e si fermò sui cuoricini e le stelline disegnati, sui bigliettini attaccati, sui versi delle canzoni o delle poesie annotati, salì su quella macchina del tempo e si ritrovò in quell’anno e con quell’anno ritrovò i precedenti.

Sentì le voci e le canzoni e i profumi e quei sentimenti che sanno di nostalgia, amore e rimpianto.

Ricordò anche ciò che quel diario non raccontava e le sembrò di essersi destata da una lunga amnesia.

Ricordò i suoi sogni e capì che questi erano ciò che più le era mancato in questi anni. Ecco la chiave per rientrare nella propria vita: i sogni!

Forse non sarebbero stati tutti ancora possibili, magari qualcuno avrebbe dovuto lasciarlo in quel diario, ma avrebbe potuto incontrarne di nuovi.

I sogni sono ciò che muove la nostra vita, ciò che fa andare il nostro passo per il mondo. Senza sogni esistiamo, ma non viviamo. Suona banale, ma la vita a volte è banalmente ovvia.

Anna sentì che ora toccava a lei trovare la propria strada, che era arrivato finalmente il proprio turno.

Ripensò a quel diario che se ne era stato in quel cassetto per tutti quegli anni, forse ad aspettare che fosse arrivato il tempo per essere letto.

L’unico che avesse mai scritto, che causalità! Ma era proprio così? No, le cose non accadono a caso, pensò, accadono quando è arrivato il loro momento.

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