The London Bridge Is Down

Elisabetta IITitolo in codice: The London Bridge Is Down. Così a Londra si è aperta la successione al trono inglese.

La Regina è morta, viva il Re! Elisabetta II ci ha lasciati. Con la stessa riservatezza con cui ha vissuto.

Il mondo non parla d’altro, ma cosa resterà di questa donna, icona già in vita?

Certo non le tante chiacchiere che oggi affollano i talkshow, molte delle quali apertamente di fantasia o personalissime deduzioni, perché poi i veri conoscitori sono meno delle dita di una mano, ma i commentatori si contano a decine, la maggiornaza dei quali non si sa bene a che titolo.

The London Bridge Is Down non potrebbe essere più opportuno come titolo del protocollo, che ieri si è aperto, perché davvero con la sua morte il Ponte di Londra, simbolo stesso d’Inghilterra, è venuto giù. Londra e dunque il Regno Unito hanno cambiato skyline, niente sarà più come prima.

Se apparentemente potremmo dire che Elisabetta lasci un regno dei record, lunghissimo, una popolarità planetaria fatta ormai di familiarità come sempre accade quando gli anni e le generazioni si sommano, un guardaroba con più nuances di una mazzetta Pantone, in realtà la sua eredità è ben altra.

Politica innanzitutto, perché come Capo di Stato è fra i grandi della Storia per il suo acume, la sua prudenza e le grandissime doti diplomatiche.

C’è però ben altro, che resta a chi vorrà farne tesoro. Elisabetta II è stata una vera Regina, ha indicato per una vita intera cosa sia il servizio e l’abnegazione a un ruolo, ne ha compreso in pieno il peso del sacrificio della propria vita privata e la responsabilità di essere un modello morale.

Del suo servizio ha fatto la ragione di questo lunghissimo regno conclusosi con un ultimo dovere: investire il suo quindicesimo Capo di Governo in un momento delicato per la politica inglese.

Il peso di una corona

Ha fatto tutto oltre le proprie forze a giudicare dalle ultime immagini, per poi congedarsi a Balmoral, nel luogo dove il suo Filippo l’aveva chiesta in moglie, dove tanto tempo avevano trascorso insieme lontani dalla vita pubblica e dove le sarà sembrato più facile riabbracciarlo.

Da quando era morto il suo Filippo, non era stata più lei. Al funerale era improvvisamente apparsa curva. Quel dolore dev’essere stato troppo, in fondo era arrivata fin lì proprio perché a sostenerla c’era stato sempre suo marito, che lei, dopo settantatrè anni di matrimonio, ancora guardava con gli stessi occhi innamorati: basta sfogliare le foto per vederlo.

Non dev’essere stato facile sedere sul quel trono, in alto ci si può sentire molto soli e il peso delle responsabilità può essere davvero gravoso. Soprattutto in gioventù, quando l’esperienza è poca e la credibilità è tutta da costruire.

Di scelte difficili e dolorose credo ne abbia dovute prendere più d’una. Mi viene in mente anche solo il rifiuto opposto all’amata sorella Margaret, quando questa si innamorò di Peter Townsend.

Erano altri tempi e la sorella della Regina, capo della Chiesa anglicana, non poteva certo sposare un divorziato. Quanto le sarà pesato sulla coscienza quella vita infelice e disordinata di Margaret, che dopo quell’amore mancato non seppe più ritrovare la strada?

Elisabetta sì fu stabile e certa come il London Bridge, ma fu anche dignitosa e sobria nonostante alcuni abiti di gusto eccessivamente anglossassone. Fu sobria nella vita, sempre dieci passi indietro ai clamori e le sguaiatezze, sempre gentilissima. Una vera Regina.

Cosa si è portata via?

Proprio questo: il concetto stesso di Sovrana, perché non basta una corona, ci vuole un’educazione eccelsa, che non prescinda mai dai modi e dunque dal rispetto di chi si ha di fronte.

Tutti dicono che si chiude un’epoca, certo se le regine sono come Letizia di Spagna, sgarbatissima, superba, inopportuna come poche, vanitosa fino alla dismorfofobia o se entrano nelle famiglie reali donne come Meghan Markel, arrogante e villana fino a un’accusa di mobbing dal proprio personale, capace di trascinare il marito al lavatoio dei panni sporchi di Oprah Winfrey, in cui sono volati stracci e palle di fango mentre Filippo di Edimburgo era in fin di vita.

Si chiude di certo un’epoca se le case regnanti si trasformano in girandole di figli dentro e fuori del matrimonio, in una ridda di relazioni come nel Principato meno reale del pianeta o se un discendente di un’ex casa regnante pubblicizza sottaceti, partecipa a reality e vende pasta in un food truck.

Oggi il senso di una monarchia sta nella capacità di essere una guida in un Paese sostanzialmente democratico, un punto di riferimento morale per un popolo affinché non dimentichi il senso della dignità delle istituzioni, come è avvenuto purtroppo in Italia.

Le monarchie sono anacronistiche, possono sopravvivere solo se sono un faro di decoro, un ammonimento sull’importanza della forma come espressione di una reale sostanza. Il ricordo che il buongusto può giovare alle relazioni interpersonali e istituzionali, perché si basa sul senso di misura.

Cosa dunque rimpiangeremo di questa regina, che ha avuto il tempo e le doti per guadagnarsi tanto rispetto e affetto?

Personalmente direi la grande dignità, la fedeltà a un impegno preso, a una tradizione che dev’essere stata conforto e legaccio allo stesso tempo, ma ne ricorderemo di certo anche l’ironia, anch’essa espressione di intelligenza.

Autorevolissima senza mai alzare la voce o agitare un braccio, Regina sempre senza bisogno di ricordarlo a chi aveva di fronte.

Sotto quella pesante corona però una donna fedele al progetto – mancato – di una famiglia unita, al suo Filippo, all’amore per il proprio Paese. Dunque anche un modello di vita, al di là dei palazzi, delle carrozze e dei gioielli favolosi.

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *