Cento donne. Margherita

Margherita mi racconta del suo buio, la sto a sentire e vorrei poterle dire che la depressione sparirà così com’è venuta e al più presto, ma non lo faccio: sarebbe stupido e falso.

Cosa so io dei suoi fantasmi? Vorrei aiutarla, ma non so come. Lei che era così solare.

Quand’è iniziato questo suo black out? Quando ha cominciato a non sorridere più, a non pensare più al futuro con eccitazione? Quando si è accorta di non sapere più sognare?

Forse, come tutti quelli che la depressione rapisce, un po’ alla volta, man mano che le paure del vivere le attraversavano la strada. Forse ogni delusione ha caricato il proprio peso, fino ad incurvarla sotto una fatica che non governa.

La osservo e, dietro a quello sguardo spento e ai primi segni d’espressione, più di dolore che per età, vedo il volto di una giovane donna che non riesce più ad evolversi.

Immobile in una tristezza, che come una nebbia non le fa vedere cosa la vita ha ancora in serbo per lei.

Perché non è finita finché non è finita!

Ma come far vedere i colori a chi vive senza quella luce, che solo la speranza nel futuro ti dà?

L’abbraccio forte, non ho altro per lei.

La prego di non mollare, mi promette che non lo farà, chiederà aiuto.

Sento finalmente quella morsa allo stomaco allentarsi e la guardo fiduciosa.

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