Giovanna Minelle, una fotografa e il suo viaggio in solitaria (3)

Lasciata Delhi, Giovanna Minelle arriva nella città sacra agli hindu.

Varanasi

Accoglienza, sicurezza, fiducia, lasciarsi andare e aprirsi all’altro, imparare: per me tutto questo è Varanasi.

Sono nella città protetta dal dio Shiva e lo vedo dappertutto: murales, magliette, souvenir, templi… aleggia ovunque.

Ero già stata in questa città. Diciotto anni fa. Fin da allora, fin da subito mi era enrata dentro, ne ero stata inghiottita e affascinata, l’avevo respirata, assorbita e tornandoci l’ho ritrovata mia, spinta anche dai ricordi che vi avevo lasciato.

Una volta arrivata, giro senza programmi e senza prenotazione. Mi fermo in una guest house nei pressi di Manikarnika Ghat, la gradinata dove giorno e notte si cremano i defunti. 

Aggirandomi nella parte vecchia, ritrovo fra questo dedalo di vicoli il ricordo delle calli di Venezia. Questo posto mi piace, mi far star bene e decido di fermarmi alcuni giorni in questa città, che è la più sacra di tutta l’India per gli hindu, che sono poi l’80% della popolazione o giù di lì.

Non ho programmi e non voglio farne, continuo a posticipare la partenza e ormai Santo Stefano è alle porte. Decido di trascorrere qui il Natale.

Sono in India da pochi giorni in uno straordinario, coloratissimo, odoroso (ebbene sì!) angolo del pianeta, in queste viuzze, fra questa gente e mi sento sicura.

Varanasi è puro stupore, lascio che mi conduca con la curiosità di una bambina. Dormo poco, solo il necessario per recuperare l’energia che mi serve per uscire nelle sue strade ogni giorno come per una nuova avventura, perché a Varanasi non ci si annoia mai.

Il vicolo in cui si trova il mio alloggio finisce per diventarmi familiare insieme alle mucche, ai cani e alle persone che incontro ogni giorno.

Alle 6,30 del mattino sono già in strada. «Namastè (saluto il divino che è in te N.d.R.)» mi dice chi mi incontra, ricambio allo stesso modo felice di questa nuova quotidianità. Questa parola mi giunge musicale, accompagnata come una carezza dallo sguardo e dal sorriso di chi la pronuncia e tocca il mio Io spirituale.

Inizio le mie giornate sempre fra il profumo del chiai¹ caldo e degli incensi, mentre l’aria si riempie delle musiche sacre, che si diffondono dai templi.

A Varanasi mi sento accolta da una folla di anime, sono solo all’inizio del mio viaggio, ma so già che nessun luogo sarà per me come questo.

Non vorrei andarmene, ma il mio viaggio ha un lungo itinerario e altre tappe mi chiamano.

Arriva così il momento di acquistare un biglietto per il treno che attraverserà tutta l’India e mi porterà a Kanyakumari, nella punta estrema del Paese, dove il Mare Arabico, l’Oceano Indiano e il Golfo del Bengala si incontrano.

Kanyakumari non è però ancora la tappa successiva, perché il viaggio è lungo e c’è ancora molto da vedere.

Saluto Varanasi, con la promessa di ritornare in primavera. (Continua)

¹Il più famoso dei tè indiani, quello che tutti, o quasi, bevono al mattino e alla prima occasione. Speziato, dolcissimo, fatto con il latte. Più noto all’estero come Masala Chai, dove masala sta per mix di spezie, quindi letteralmente tè speziato.

Le foto sono state gentilmente concesse dalla Signora Giovanna Minelle, che ne conserva tutti i diritti. Pertanto ne è vietata ogni riproduzione o uso.

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