Giovanna Minelle, una fotografa e il suo viaggio in solitaria (8)

Kollam è stata una tappa davvero incredibile, per incontri ed esperienze, ma è tempo di riprendere il viaggio e Giovanna Minelle è pronta per altre destinazioni.

Varkala
Qui trovo una spiaggia nera, scogliere a picco sull’oceano e panorami da cartolina.

La zona è quindi inevitabilmente assediata da turisti occidentali. Troppi. Fra loro ogni tanto scorgo qualche volto indiano, tanti sono!

Alloggio a ridosso della scogliera, ho anche un portico di legno, con un tavolino e due sedie, dove amo passare il tempo dal tramonto fino a notte fonda.

Qui posso udire l’oceano e il suo umore, che trasforma le onde impetuose in acque silenziose in un eterno oscillare. La notte è un incanto col suo cielo nero e quelle stelle che mi appaiono ipnotiche.

Quando le luci dei negozietti si spengono insieme al vociare dei turisti, il mio portico diventa un angolo di paradiso.

Cosa ci faccio qui? La turista, ovviamente! Mi godo la colazione seduta a un tavolo sul bordo della scogliera, guardando l’azzurro dell’oceano fondersi con il cielo mentre provo a scorgere la linea dell’orizzonte.

A Varkala mi faccio confezionare in una sartoria degli abiti per le amiche, faccio shopping di ogni genere di vestiario, dagli scialli alle calzature, assaggio i menu pensati per i turisti e assisto a uno spettacolo di danza.

Arriva però il momento in cui di questa vita ne ho abbastanza e desidero riprendere i miei panni di viaggiatrice, così salgo sul treno per poi prendere la corriera che mi porterà alla mia prossima meta.
Kumily
Piovviggina. Arrivo all’imbrunire e trovo alloggio in una graziosa guest house.

Kumily è un villaggio di confine, dove una sbarra mobile segna la fine del Kerala e l’inizio del Tamil Nadu.

Respiro la natura, che – a 800 metri sul livello del mare – esplode nella sua bellezza viva e mutevole.

Noleggio un’auto con autista per andare in giornata a Munnar. Voglio attarversare le piantagioni di tè, che mi incantarono sei anni prima. Quei luoghi mi erano rimasti nella mente e nel cuore.

Le raccoglitrici indossano abiti pesanti nonostante il caldo e con eleganza e grazia sorridono al mio obiettivo.

Le piantagioni profumano e brillano di un verde intenso sotto l’oro del sole.

Lo spettacolo va in scena in tutta la sua magnificenza. Sono senza fiato, esattamente come sei anni fa.

Passeggio fino al lago, l’aria è satura del profumo dei gelsomini in fiore. Lungo la strada la curiosità mi porta in chiesa, dove si è appena celebrato un matrimonio cristiano.

Sono emozionata: sto per godermi la Kathakali dance in un teatrino del villaggio nel fascino della sera.

La corriera per Fort Kochi partirà in tarda mattinata.

Ho però delle commissioni da fare prima di lasciare il villaggio: spedire un pacco in Italia e tagliare la frangia da Ganesh, il barbiere che ha il negozio in piazzetta.
Fort Kochi
Amo tornare in quei luoghi in cui sono stata bene e Fort Kochi è uno di questi.
Alloggio in una bella guest house a meno di dieci minuti a piedi dal centro.

Passo accanto, ma poi entro nella cattedrale, che ha un battistero adiacente, davanti al quale giovanissime studentesse si riuniscono poco prima del suono della campanella, che annuncia l’inizio delle lezioni.

In piedi, davanti all’altare della Madonna, un’anziana donna con indosso un saree celeste cattura tutta la mia attenzione: di spalle somiglia proprio alla Vergine, così come comunemente la vediamo rappresentata. 

È assorta con le mani giunte in preghiera e lo sguardo tutto rivolto alla statua in cima all’altare, le risate che si odono fuori non riescono a distoglierla.

Uscendo incrocio un gruppo di ragazze adolescenti, che indossano un abito blu appena sotto il ginocchio, i calzini bianchi completano la loro divisa. Hanno la carnagione scura, i capelli corvini e lunghi raccolti in trecce, chiacchierano e ridono. Mi sembrano bellissime in quella loro gioiosa gioventù.

La scuola cattolica in cui studiano è nel cortile della cattedrale. Sbircio attarverso le inferriate sperando di rubare qualche foto di scolare in classe, però la stanza non è un’aula ma una mensa e, vista l’ora, è semivuota.

Si avvicinano due bambine, che in punta di piedi arrivano a mala pena al davanzale. Ci guardiamo, i nostri sorrisi sono l’unica forma di linguaggio possibile per comunicare. Una forma però indubbiamente efficace.

Lo squillo della campanella le mette in fuga e io perdo l’occasione di fotografare quegli occhioni scuri, quegli sguardi curiosi e fiduciosi che spesso ho incrociato durante questo mio lungo viaggio.

Poco importa, resteranno con i ricordi più nitidi fra i tanti che vado accumulando di meta in meta e così fino al mio rientro.  Ma per questo c’è ancora tempo e il mio viaggio prosegue. (Continua)

Le foto sono state gentilmente concesse dalla Signora Giovanna Minelle, che ne conserva tutti i diritti. Pertanto ne è vietata ogni riproduzione o uso.

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