C’è differenza fra commedia all’italiana e commedia italiana, non sono affatto definizioni sovrapponibili anche se non tutti concordono su questo.
La commedia è un genere cinematografico, si sa. Italiana in quanto appartenente alla nostra cinematografia, evidentemente.
Forse, fra tutti, è il genere a noi più congeniale, quello in cui la nostra tradizione è più forte. Le sue declinazioni nel corso degli anni sono state molteplici.
Genere e sottogenere
La commedia all’italiana è precisamente un sottogenere della commedia stessa e ha peculiarità proprie solo della nostra cinematografia. Nasce alla fine degli anni Cinquanta, ma viene teorizzata quando ormai la sua stagione si può dire conclusa ovvero negli anni Settanta.
Neorealismo e commedia all’italiana
Si tratta di un filone che in un certo quale aspetto rappresenta uno dei tanti “rivoli” in cui il nostro neorealismo si è poi disperso negli anni.
Infatti è un genere che parte comunque dalla realtà, ma lo sguardo in questo caso non si limita a registrare, ma diventa una lettura e dunque soggettivo e critico.
Caratteristiche
La commedia all’italiana enfatizza alcuni aspetti del nostro costume, soprattutto borghese, accentuandone le contraddizioni, le ipocrisie, addirittura il grottesco quando non il tragico e spingendosi – negli esempi più aulici – fino alla denuncia sociale così come solo la satira più colta e arguta sa fare, in qualche caso perfino tentata da uno humor amaro o amarissimo.
A volte impegnata, altre volte presa ad accentuare il carattere evasivo tipico della commedia tout court, ma senza rinunciare a uno sguardo canzonatorio o dissacrante.
Non si allontana mai dalla realtà, anche quando la storpia, perché ne resta l’oggetto attraverso una sorta di analisi mirata a questo o quell’aspetto.
La commedia all’italiana proietta un cono di luce sul tema scelto di volta in volta.
È una sorta di dito puntato su questo o quel difetto della nostra società e fra un lazzo e una battuta la rovescia come un calzino attraverso i vari titoli che inanella. Non tutti riuscitissimi, ma tutti utili a raccontare quei nostri anni in bilico fra la corsa al benessere e gli anni di piombo.
Così diversi e così simili
A chi storce il naso di fronte alla distanza affatto siderale della commedia all’italiana dal neorealismo, ribatto che gli intenti della prima e del secondo non divergono, perché entrambi credono in una valenza sociale del cinema, nella sua capacità di parlare alle coscienze e al potere costituito.
Sicuramente in modo diverso, perché il neorealismo ha avuto teorici e militanti, con lunghi dibattiti a tenere banco. Non così per la commedia all’italiana, ma ciò non toglie che l’una derivi dall’altro, pur passando attraverso un altro sottogenere – di derivazione più diretta – ovvero la commedia cosiddetta del neorealismo rosa.
Il cinema, l’arma più forte
Tanto la commedia all’italiana quanto il neorealismo credono dunque nel cinema come “arma potente”, del resto gli autori sono tutti nati sotto il Ventennio.
Non fu infatti Mussolini ad affermare che la cinematografia è l’arma più forte? Certamente nessuno di questi cineasti da adulto abbracciò mai quella fede politica, semmai l’opposta, ma la lezione era stata ormai appresa.
Del resto tanto nelle democrazie quanto nelle dittature di ogni colore il cinema è ormai assodato essere funzionale tanto a svegliare le coscienze quanto a sedarle. Dipende appunto dal regime politico del Paese in questione.
Persino quello disimpegnato ha una ricaduta, non foss’altro sui costumi.
Per tornare a noi, la vicinanza di certi film alla cronaca del tempo è la prova di quanto la commedia all’italiana sia derivata dal neorealismo.
Sullo schermo i tempi che cambiano
Sedotta e abbandonata è del 1964, forse Franca Viola non lo vide quando oppose “il grande rifiuto” e non si piegò al matrimonio riparatore ex art. 544 del nostro vecchio Codice Penale, ma certo il clima culturale stava cambiando e a tal punto da non lasciare ai margini di questo cambiamento nemmeno il paesino siciliano di Alcamo, in cui il reato si consumò.
Il cinema quando è vicino alla realtà, si intreccia con questa a tal punto da esserne espressione e anticipatore dei suoi cambiamenti al tempo stesso.
Nel 1961 sempre il grandissimo Pietro Germi girò Divorzio all’italiana e sebbene in misura marginale anche in questo caso tentò una spallata all’istituto del delitto d’onore.
Certo i tempi con cui una società cambia o meglio certifica, per così dire, i propri avvenuti cambiamenti, non sono quelli della storia.
Prova ne sia il fatto che abbiamo dovuto attendere il 1981 affinchè il legislatore abolisse tanto il delitto d’onore quanto il matrimonio riparatore.
Convenzionalmente la commedia all’italiana si apre con I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958) e si chiude con C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, ma come tutte le convenzioni ammette discussioni.