La vita ai tempi del Covid-19

La vita ai tempi del Covid-19 | Aida Mele MagazineSiamo ufficialmente in pandemia per il Covid-19, chiusi in casa e con un’autocertificazione a portata di mano per poter mettere piede fuori, in città dove solo ciò che è indispensabile per un vivere civile resta aperto o funzionante. Non mi lamento, è necessario.

Il pensiero è sempre a chi è in rianimazione e al personale di ogni livello, che sopporta negli ospedali il vero peso di questo flagello invisibile dagli effetti però visibilissimi. E ognuno di noi deve fare la propria parte. Responsabilmente, osservando alla lettera ciò che ci viene detto.

Bisognerà quindi industriarsi affinché il tempo di questi lunghi giorni non si dilati oltre il fisiologico, anzi trascorra solerte il più possibile e soprattutto proficuo.

In un’epoca in cui tutti, chi più chi meno, ci lamentiamo della mancanza di tempo, ecco che ora ne abbiamo molto a disposizione e in tanti forse non sapranno che farne, abituati come siamo all’iperattività, a volte addirittura fine a se stessa.

Credo che sia questo il momento per prendere in considerazione una serie di possibilità:

  • leggere i libri comprati e lasciati su uno scaffale per momenti di calma mai goduti
  • scoprire cosa la rete può offrire come svago costruttivo: film in streaming, visite virtuali a mostre e musei, racconti, blog curiosi, reportage su possibili mete per nostri viaggi futuri, ecc.
  • ascoltare musica
  • provare ricette nuove
  • giocare liberi da orari coi propri bambini, riscoprendo il gusto dei giochi in scatola o di vecchi giochi da tavolo, delle fiabe e delle favole raccontate, della lettura insieme, del canto in famiglia, perché è indispensabile alleggerire questo clima per i piccoli, che come spugne assorbono gli umori e le ansie che li circondano
  • trovare il tempo di conoscersi reciprocamente: sembra incredibile, ma oggi può accadere che i figli e i genitori si conoscano poco, perché parlano poco, non hanno il tempo di raccontarsi. Spesso i figli, anche grandi, non conoscono la propria storia familiare ovvero tutti quegli avvenimenti che danno consistenza alle proprie radici. I legami familiari passano anche dalla condivisione. Oggi si consuma il tempo insieme, ma non si impiega insieme. Si dice tanto che i giovani e giovanissimi non abbiano più il senso della famiglia, ma come dargli torto se la famiglia è spesso ridotta dalle circostanze a un luogo di ritrovo e non a un luogo di condivisione?
  • concedersi del tempo per la propria persona senza assillo
  • dedicarsi ai piccoli hobby sempre accantonati o scoprirne di nuovi
  • passare del tempo in coppia. Come più vi pare, se in salotto o in camera è affar vostro. Io sono convinta però che a epidemia conclusa qualche bimbo in più nascerà e questo è bene, vuol dire speranza, futuro, gioia verso la vita
  • per i giovani riscoprire i nonni, che sono un mondo di esperienza, di amore e di memoria

Niente se ne va prima di averci insegnato ciò che dobbiamo imparare, ebbene la lezione sarà dura, cerchiamo dunque di fare in modo che non sia vana.

Banalmente siamo tutti di passaggio e nessuno basta a sé stesso: mai come in questi giorni è chiaro.

Stare isolati ci sta facendo rivalutare l’importanza di una chiacchierata davanti a un caffè, il calore di un abbraccio, la libertà di movimento, la fortuna di una sanità pubblica e di qualità, sebbene fortemente provata da tagli scellerati per ragioni che niente hanno avuto a che fare col vero benessere del Paese.

Ci sta facendo riscoprire il bisogno di professare anche pubblicamente la nostra fede, la spensieratezza di un ritrovo fra amici, l’importanza della fruizione dell’arte in tutte le sue forme e tante altre cose, che di certo ora mi sfuggono.

Quando tutto è scontato non siamo in grado di apprezzarlo fino in fondo e occasioni così difficili e inimmaginabili ci danno l’opportunità di riflessioni profonde.

Una società ha una scala anagrafica i cui estremi sono le principali preoccupazioni quando è umana e civile. Se l’infanzia va tutelata più che dall’aggressione del virus – che pare non preferirla – dagli effetti emotivi, l’estremo più vulnerabile in questa pandemia sono gli anziani.

Se occuparci dei nostri genitori e nonni ci sembrerà (spero!) ovvio, non dimenticare quelli che sono soli dovrà essere un richiamo alla nostra coscienza. Se ne conosciamo, offriamo loro la nostra disponibilità secondo le prescritte cautele e soprattutto alziamo il telefono per far sentire che qualcuno li pensa. Restare in casa per loro sarà più difficile che per gli altri.

Ogni difficoltà è anche un’opportunità: per metterci alla prova come individui, come parti di un tutto e di fronte a noi stessi.

Ciò che non si coglie è perduto, anche in tempi così difficili, che non promettono di essere brevi, perché la paura che le ripercussioni economiche abbiano una coda ben più lunga della pandemia è reale, ma quando il pericolo è condiviso appare meno minaccioso.

Bisogna essere certi che passerà, perché nulla dura – né il bello né il brutto – e che dopo una crisi inevitabilmente arrivi la ripresa. I tempi – come voi – non li conosco, ma quando accadrà voglio credere che ci troverà migliori.

Oggi chiudo così.

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