Tina Pica: cinquant’anni senza Caramella

15 agosto 1968, cinquant’anni fa moriva Tina Pica nella sua Napoli. Se n’è andata un anno dopo Totò, con cui aveva recitato in Fermo con le mani!, Totò e Carolina, L’oro di Napoli e in Destinazione Piovarolo.

Figlia di attori e quindi d’arte, era nata ottantaquattro anni prima e aveva debuttato a sette anni in teatro e nel cinema nel 1916, diretta da Elvira Notari.

Conosciuta dal grande pubblico soprattutto per film come la trilogia di Pane e Amore e per il ruolo di Nonna Sabella nell’omonimo film e nel suo sequel, in realtà Concetta Annunziata Pica era stata soprattutto una bravissima attrice di teatro, ma anche autrice e addirittura capocomica.

Aveva a lungo lavorato con Eduardo, del quale ebbe grande stima, ma nessuna soggezione. La popolarità arrivò col cinema in età avanzata, ma fu per sempre, perché i giovani possono non conoscere il suo nome, ma conoscono di certo il suo inconfondibile timbro di voce e la sua figura minuta se hanno visto almeno una volta i suoi film – ormai dei classici – ricorrenti soprattutto nei palinsesti estivi.

Tina Pica fu una caratterista eccelsa, accanita fumatrice e appassionata giocatrice di carte e lotto, molto generosa con orfani e galeotti, con cui divise parte dei suoi guadagni.

Di spirito e di talento, attraversò l’arte e la vita con la risolutezza di una donna di temperamento e di grande fede, quella fede genuina e spontanea di chi affronta le prove della vita stessa (come la perdita dell’unica figlia ancora in fasce) sicura dell’esistenza di un Dio Padre, pronta a quei rosari recitati in un latino sempre in bilico fra una lingua intuita e una lingua adattata.

Se il pubblico l’amò e l’ama, i critici cinematografici ne riconobbero ufficialmente il talento nel 1955 consegnandole il Nastro d’argento per la miglior interpretazione come attrice non protagonista per Pane, Amore e Gelosia.

A parte la sua Napoli, nessuno però ha pensato di ricordarla in questo anniversario.

Gli artisti, i grandi artisti alla fine vivono e sopravvivono grazie all’amore del loro pubblico e di appassionati studiosi, pensare che istituzioni o lo stesso loro ambiente ne curi la memoria è pura illusione.

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