Alida Valli e Amedeo Nazzari: tanti film insieme

Ci eravamo lasciati per ritrovarci la settimana successiva ed invece sono passati quattro mesi… imprevisti della vita. Dunque riprendiamo da lì.

Alida e Amedeo

I film del Ventennio

Alida e Amedeo

Alida Valli ha avuto molti partner nella propria carriera, ma solo con uno ha condiviso ben cinque set: il grande Amedeo Nazzari.

Ad essere precisa dovrei dire sei, ma ne La casa del peccato (di Max Neufeld, 1938) la protagonista con Nazzari fu Assia Noris.

La Valli dovette attendere l’anno successivo per il film che diede il via a questo sodalizio artistico: Assenza ingiustificata (di Max Neufeld, 1939), fra i cinque il titolo di maggior incasso e che rimase fra i ricordi cinematografici più graditi nella lunga carriera di Nazzari.

ll seguito di pubblico fu tale da essere citato nel terzo film della coppia: Apparizione (di Jean de Limur, 1943), in cui il divo interpreta sé stesso. Qui il duetto di stelle si fa terzetto e compare in un ruolo minore Massimo Girotti, a quel tempo meno di mestiere, ma ben deciso a dimostrare di saperci fare.

Se la prima pellicola si inserisce nel filone “collegiale”, l’altra è un film “dei telefoni bianchi” in piena regola: esaltazione della vita semplice, ricostruzione di ambienti lussuosi per un’ipotetica abitazione da divo, equivoci che creano intrecci nella trama e trionfo dei buoni sentimenti.

Tutto voleva essere d’evasione eppure l’Italia di allora la ritroviamo nelle scarpe autarchiche della protagonista e in quel raccogliere nel fondo di una zuccheriera, evidentemente non riempita, lo zucchero da tempo razionato. In quanto al regime non si mostra, ma è ugualmente presente ogni qualvolta i personaggi si danno del voi.

Facciamo un passo indietro: il secondo titolo è Oltre l’amore (di Carmine Gallone, 1940), film ambientato ai tempi dei moti carbonari. Qui la retorica dell’amor di patria è figlia diretta della propaganda di allora, perfettamente funzionale a Casa Savoia da ben prima del Fascismo. Del resto il primo sostenitore del Duce fu il Re, senza del quale Mussolini avrebbe dovuto inventarsi per lo meno un colpo di Stato per salire al potere, marcia o non marcia su Roma.

Dunque film nella sostanza specchio di quei tempi al di là delle stesse intenzioni eppure apparentemente altro, ma questo è il filo che lega nella quasi totalità il cinema di allora e non deve scandalizzare, perché sempre la settima arte ha raccontato la realtà, anche quando ha preteso dire altro.

I film del dopoguerra

Amatissimi dal pubblico e in vetta alla classifica dei divi più amati in quegli anni, si ritrovarono ancora insieme a guerra finita.

La Valli nel frattempo era volata in America e per girare il loro quarto film, Ultimo incontro (di Gianni Franciolini, 1951), Alida aveva dovuto ottenere il permesso di David O. Selznick, che l’aveva sotto contratto in esclusiva. Questa pellicola è un vero melodramma, genere esploso nel dopoguerra e che ha tenuto banco per un buon decennio, il cui più noto interprete fu proprio Amedeo Nazzari.

Qui Alida ha ancora quell’allure hollywoodiana, ma lontana dall’immagine patinata pretesa dagli studios, perché per quanto in questo caso siamo lontani dal Neorealismo, esso tuttavia non aveva attraversato il nostro cinema invano.

Ci vollero due anni e la rescissione da parte della Valli a suon di milioni di penale del famoso contratto capestro americano per ritrovarsi ne Il mondo le condanna (di Gianni Franciolini, 1953). Ancora un melodramma, stesso regista, ma cambiano gli sceneggiatori tranne uno: Antonio Pietrangeli, che riprenderà il tema per storie molto diverse in due film indimenticabili: Adua e le compagne (1960) e Io la conoscevo bene (1965).

In questo quinto lavoro insieme stranamente troviamo Alida doppiata dalla bravissima e inconfondibile Lydia Simoneschi – voce delle più celebri star americane – probabilmente perché Alida era già impegnata su un altro set, intenta a raggiungere al più presto il saldo dovuto a Selznick per dirsi finalmente libera.

Una curiosità: non interpretarono insieme il film, ma lo girarono entrambi, stesso regista – Mario Mattoli – ma anni e titolo diversi. Mi riferisco a Stasera niente di nuovo che Alida Valli interpetò nel 1942, cantando la celeberrima Ma l’amore no, mentre Amedeo Nazzari lo rifece nel 1955 ma col titolo de L’ultimo amante. Ovviamente l’aria della nota canzone della Valli è nel film.

Evelina Nazzari

Nessun altro lavoro insieme dunque eppure un’amicizia durata tutta la vita. Quindi chi meglio di Evelina Nazzari a cui chiedere un ricordo e così l’ascolto mentre mi racconta che furono amici, ma mai altro nei tanti anni in cui si videro prima che nella vita di Amedeo entrasse un’altra attrice, Irene Genna, la sua bellissima mamma. Proprio lei era solita dire – divertita – che il marito e la Valli si intendevano a meraviglia perché entrambi orsi.

Alida ed Evelina

Evelina e Alida

Evelina ha avuto la fortuna e l’onore di avere Alida come compagna di lavoro sul set televisivo de L’eredità della priora (di Anton Giulio Majano, 1980) e la ricorda affettuosa con lei, affabile con la troupe e paziente nelle lunghe sedute al trucco, mentre la trasformavano in un’anziana rugosa, fedele al personaggio scritto da Carlo Alianello.

Non hanno poi più avuto modo di lavorare ancora insieme e, con Amedeo che se ne era andato pochi mesi prima, le occasioni di frequentarsi scemarono, anche se non mancarono di sentirsi ogni tanto.

Evelina mi ha svelato inoltre un episodio che ignoravo: lei e Carlo De Mejo – primogenito della Valli e padre di Pierpaolo, a cui in parte si deve il bellissimo docufilm Alida (di Mimmo Verdesca, 2020) – fecero insieme un fotoromanzo, I nemici del nostro amore, e negli scatti finali apparvero anche i rispettivi genitori.

Dunque Amedeo e Alida si ritrovarono ancora una volta su un set, anche se solo fotografico. Se lo conto, allora sono sette!

Le foto in questo articolo sono per gentile concessione della Signora Evelina Nazzari.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *